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Radiografia a Domicilio nel Sangro-Aventino: Servizio per Anziani e Fragili

Ha già superato quota 60. Tanti sono, finora, gli esami radiologici eseguiti a domicilio dall’équipe territoriale del Sangro-Aventino che ha sviluppato un progetto ispirato all’attualissima sanità di prossimità, un modello di assistenza che mira a portare i servizi di salute più vicino possibile ai cittadini. E a essere privilegiate sono le persone non autosufficienti, con ridotta mobilità, residenti nelle aree più isolate e disagiate, e magari sole e impossibilitate a raggiungere un presidio sanitario.
Il nuovo servizio è stato avviato dalla Asl Lanciano Vasto Chieti nell’ambito del progetto "Ambulatorio di comunità per la presa in carico della fragilità” ,
Chiusura convitto femminile all'alberghiero "Marchitelli": la CISL scrive alla scuola e agli enti, la dirigente replica

L’Abbazia di Santa Maria in Basilica, nel comune di Villa Santa Maria, sulle rive del fiume Sangro

Questo libro nasce dal desiderio di far luce su una realtà spirituale, artistica e storica millenaria, e si fonda su documenti autentici, ricerche d’archivio, testimonianze manoscritte e papali che attestano l’importanza e la continuità di culto di questo luogo straordinario.
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Un’Abbazia più antica del Colosseo
Mentre a Roma si erigeva il Colosseo (inaugurato nell’80 d.C.), nelle montagne d’Abruzzo prendeva forma una comunità cristiana devota, attorno alla quale nacque la Chiesa di Santa Maria in Basilica. Le origini di questo luogo sacro risalgono addirittura ai primi secoli del Cristianesimo, forse ispirate o fondate da uno dei convertiti da San Pietro durante il suo passaggio nell’Italia centro-meridionale.
Mentre a Roma si erigeva il Colosseo (inaugurato nell’80 d.C.), nelle montagne d’Abruzzo prendeva forma una comunità cristiana devota, attorno alla quale nacque la Chiesa di Santa Maria in Basilica. Le origini di questo luogo sacro risalgono addirittura ai primi secoli del Cristianesimo, forse ispirate o fondate da uno dei convertiti da San Pietro durante il suo passaggio nell’Italia centro-meridionale.
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407 d.C. – La Bolla di Papa Innocenzo I
Una delle testimonianze più significative è una bolla pontificia di Papa Innocenzo I, redatta nel 407 d.C., che riconosce la legittimità del culto e l’antichità della chiesa di Santa Maria in Basilica. Questo avviene in un’epoca turbolenta e fondamentale per la Chiesa, pochi anni prima della caduta dell’Impero romano d’Occidente.
Una delle testimonianze più significative è una bolla pontificia di Papa Innocenzo I, redatta nel 407 d.C., che riconosce la legittimità del culto e l’antichità della chiesa di Santa Maria in Basilica. Questo avviene in un’epoca turbolenta e fondamentale per la Chiesa, pochi anni prima della caduta dell’Impero romano d’Occidente.
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L’appoggio di Costantino e Papa Silvestro
Le origini antichissime dell’Abbazia trovano sostegno anche nella tradizione che la collega all’imperatore Costantino il Grande († 337) e al suo pontefice, Papa Silvestro I. Un legame che rafforza il ruolo spirituale e simbolico di questo luogo nell’affermazione del Cristianesimo.
Le origini antichissime dell’Abbazia trovano sostegno anche nella tradizione che la collega all’imperatore Costantino il Grande († 337) e al suo pontefice, Papa Silvestro I. Un legame che rafforza il ruolo spirituale e simbolico di questo luogo nell’affermazione del Cristianesimo.
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Dal X al XII secolo: il Monastero Benedettino
L’Abbazia visse una nuova epoca di splendore quando, nell’XI secolo, fu affidata ai Monaci Benedettini, che vi edificarono un monastero attivo, centro spirituale, culturale e artistico. Se ne conservano ancora documenti presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono, dove si legge anche della sua distruzione, ad opera del Conte Don Alonso de Vivaro, che incendiò l'Abbazia e l’archivio dei monaci.
L’Abbazia visse una nuova epoca di splendore quando, nell’XI secolo, fu affidata ai Monaci Benedettini, che vi edificarono un monastero attivo, centro spirituale, culturale e artistico. Se ne conservano ancora documenti presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono, dove si legge anche della sua distruzione, ad opera del Conte Don Alonso de Vivaro, che incendiò l'Abbazia e l’archivio dei monaci.
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Privilegi papali e indulgenze
Nel corso dei secoli, numerosi Papi hanno riconosciuto l’importanza dell’Abbazia:
Nel corso dei secoli, numerosi Papi hanno riconosciuto l’importanza dell’Abbazia:
- Papa Silvestro I (314–335)
- Papa Innocenzo I (401–417)
- Papa Onorio I (625–638)
- Papa Clemente II (1046–1047)
Attraverso le indulgenze concesse in occasione di festività sacre — come il Venerdì Santo, la Domenica delle Palme, la festa di San Michele Arcangelo, San Biagio, San Salvatore, San Luca, e molte altre — l’Abbazia divenne meta di pellegrinaggi e luogo di remissione spirituale. La memoria del canonico Giovanni Costanzo Caracciolo, redatta nel 1693, conferma e difende queste indulgenze.
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Un diploma longobardo del 702
Altro documento eccezionale è un diploma del 702 d.C. firmato da Giusoppe, Duca di Benevento, principe dei Longobardi, che riconosce e sostiene l’Abbazia come ente sacro e spirituale nel territorio del Sangro.
Altro documento eccezionale è un diploma del 702 d.C. firmato da Giusoppe, Duca di Benevento, principe dei Longobardi, che riconosce e sostiene l’Abbazia come ente sacro e spirituale nel territorio del Sangro.
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Le reliquie e le fonti
Secondo le testimonianze manoscritte, nella Chiesa di Santa Maria in Basilica si conservavano molte reliquie di Santi. In occasione delle festività solenni, ai fedeli venivano concesse indulgenze plenarie, accrescendo il valore spirituale del luogo e attirando pellegrini da ogni parte del territorio.
Secondo le testimonianze manoscritte, nella Chiesa di Santa Maria in Basilica si conservavano molte reliquie di Santi. In occasione delle festività solenni, ai fedeli venivano concesse indulgenze plenarie, accrescendo il valore spirituale del luogo e attirando pellegrini da ogni parte del territorio.
Le informazioni riportate in quest’opera provengono da fonti autentiche:
la bolla di Papa Innocenzo I del 407, il diploma longobardo del 702, le memorie del canonico Giovanni Costanzo Caracciolo del 1693, documenti conservati presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono e l’Archivio di Stato di Napoli.
la bolla di Papa Innocenzo I del 407, il diploma longobardo del 702, le memorie del canonico Giovanni Costanzo Caracciolo del 1693, documenti conservati presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono e l’Archivio di Stato di Napoli.
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L’Abbazia di Santa Maria in Basilica, nel cuore di Villa Santa Maria, è un gioiello di fede, arte e storia che attraversa i secoli.
Questo libro — in uscita entro dicembre 2025 — vuole riportarla alla luce, onorando il passato per custodire il presente.
L’Abbazia di Santa Maria in Basilica, nel cuore di Villa Santa Maria, è un gioiello di fede, arte e storia che attraversa i secoli.
Questo libro — in uscita entro dicembre 2025 — vuole riportarla alla luce, onorando il passato per custodire il presente.
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Un sentito grazie a Marco Carbonetta, per le giornate trascorse tra faldoni e manoscritti all’Archivio di Stato di Napoli.
A Tiziana, la cui luce, inesauribile come il suo cuore, ha guidato ogni passo di questo viaggio. Se questo progetto ha preso forma e si è fatto realtà, è grazie alla sua anima generosa, alla sua passione instancabile e al suo amore che attraversa il tempo. La mia lampara, il mio faro, il mio sempre.
A Tiziana, la cui luce, inesauribile come il suo cuore, ha guidato ogni passo di questo viaggio. Se questo progetto ha preso forma e si è fatto realtà, è grazie alla sua anima generosa, alla sua passione instancabile e al suo amore che attraversa il tempo. La mia lampara, il mio faro, il mio sempre.
Mauro Carbonetta
Ortona: Palmieri punta su chirurgia all'ospedale di Ortona| Teletiziana

Dare più respiro al Pronto Soccorso, una collocazione più adeguata al 118 e un rinnovato slancio all’attività chirurgica, specie di tipo ortopedico. Questa la cura indicata dal Direttore generale della Asl Mauro Palmieri per l’ospedale di Ortona, visitato questa mattina per la prima volta.
Analogamente a quanto rilevato in altri presidi, il tema dell'accoglienza è tra le priorità nella visione del manager, perché la facilità di accesso e la razionalizzazione degli spazi di attesa sono il primo biglietto da visita di un ospedale. Ma è sulla parte chirurgica che intende catalizzare la maggiore attenzione: “Abbiamo una sala operatoria efficiente - è la riflessione di Palmieri - tre posti nell’area sub intensiva,
Vigili del Fuoco donano uova di Pasqua ai bimbi ricoverati: il gesto che scalda il cuore

A fare gli onori di casa al “SS.Annunziata”
Villa Santa Maria: scoperto smaltimento illecito di rifiuti in appalto pubblico

Vasto: ripartono le interruzioni di gravidanza con due nuove specialiste

VASTO: Impegno mantenuto all’Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Vasto. Il Direttore Gabriele D’Egidio aveva chiesto tempo per poter riprendere il servizio di interruzione di gravidanza, visto che l’Unità operativa non disponeva di ginecologhe da poter impiegare, sia per l’obiezione di coscienza legittimamente esercitata da alcuni che per mancanza di formazione specifica da parte di altre specialiste. Nell’ambito della dotazione organica, dunque, si sono rese disponibili ad acquisire la necessaria competenza due ginecologhe, che non hanno posto veti e sono state adeguatamente formate per le IVG. Il Servizio, pertanto, sarà ripristinato a partire dal 2 maggio.
Guardiagrele: Palmieri lancia il piano per l'ospedale satellite di Chieti

Perché integrare Guardiagrele e Chieti?
- Decongestionare il Pronto Soccorso dell’"SS. Annunziata" di Chieti
- Ottimizzare i posti letto evitando il sovraffollamento
Chieti: 52enne dona cuore e reni, una storia di riscatto umano

La procedura
- Arrivato in Pronto Soccorso con emorragia cerebrale irreversibile
- Morte encefalica accertata dal Collegio tecnico
Donazione alla Clinica Pediatrica di Chieti: strumento essenziale per i bambini

Ospedale di Lanciano: Palmieri annuncia la riorganizzazione del Pronto Soccorso

Le priorità: dal Pronto Soccorso alla Holding Area
Durante il sopralluogo, accompagnato dal direttore sanitario f.f. Raffaele Di Nardo, Palmieri ha incontrato i primari dei reparti più critici:
Villa Santa Maria: studenti a lezione con i Carabinieri Forestali

DENUNCIA PER GESTIONE ILLECITA DI RIFIUTI IN AUTOCARROZZERIA

I RISCONTRI DELL’ISPEZIONE
I Carabinieri della Tutela Forestale e dei Parchi denunciano un imprenditore

L'attività è nata dall'iniziativa del Comandante che, fuori servizio, ha notato una densa colonna di fumo nella vicina zona industriale. Credendo inizialmente a un incendio automobilistico, il militare si è recato sul posto, cogliendo in flagranza l'imprenditore mentre bruciava illegalmente rifiuti tra cui:
Controlli tracciabilità alimentare in Alto Sangro: sequestri e sanzioni
Villa Santa Maria (CH) – I Carabinieri Forestali del Nucleo di Villa Santa Maria, in collaborazione con
i Servizi Veterinari di Igiene degli Alimenti di Origine Animale (ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti) diretti dal dott. Roberto Valente, hanno condotto una serie di controlli nei mercati dell'Alto Sangro. Durante le ispezioni sono stati individuati numerosi chilogrammi di insaccati pronti per la vendita ma sprovvisti della documentazione necessaria a

Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria: Storia e Architettura

Tutto iniziò da quel finestrino. La storia di Kurt Rosenberg

La Madonna con il Cardellino: tra sogno e realtà

La Cappella Castracane e la Pala d'Altare di San Sebastiano nella Chiesa della Madonna in Basilica

La cappella, appartenente alla famiglia Castracane e unica posta sulla navata sinistra in prossimità del transetto, si presenta come uno spazio chiuso da una raffinata cancellata in ferro battuto, decorata con motivi floreali e simmetrici, arricchita da dettagli classici e una croce centrale. Al suo interno, l’altare in marmo bianco si distingue per la sua semplicità e sobrietà, al centro del quale spicca una tela raffigurante San Sebastiano, probabilmente il soggetto di devozione della cappella stessa. La volta a botte della cappella è ornata da stucchi chiari che si fondono armoniosamente con le pareti laterali, creando un’atmosfera luminosa e bilanciata. Sul pavimento si trova una lastra tombale, mentre la lapide, ubicata sulla parete laterale della tomba, recita:
"A Dio Ottimo Massimo
Xaverio Castracane
Questo sacello fu costruito ed eretto con mezzi propri,
dedicato e dotato al divino Sebastiano.
Xaverio Castracane
Questo sacello fu costruito ed eretto con mezzi propri,
dedicato e dotato al divino Sebastiano.

ottenendo le debite autorizzazioni per scavarla.
Anno del Signore 1851.”
Nel complesso, l’architettura e la decorazione della cappella riflettono uno stile elegante e funzionale, rispettoso sia della tradizione liturgica che della devozione privata.
La pala d’altare dedicata a San Sebastiano, opera di Francesco Maria De Benedictis da Guardiagrele, è un capolavoro di grande impatto visivo e simbolico. Raffigura il santo durante il suo martirio, un tema classico della pittura sacra reinterpretato con elementi stilistici che richiamano il Rinascimento. San Sebastiano è rappresentato al centro della composizione, legato a un tronco spezzato e trafitto da frecce, simbolo del suo sacrificio. Il corpo, seminudo e coperto parzialmente da un drappo azzurro, è disegnato con notevole attenzione anatomica, mettendo in risalto i muscoli in tensione e il dinamismo della posa. Il volto, sereno e contemplativo, trasmette accettazione e fede, nonostante il dolore. Lo sfondo architettonico include edifici urbani rinascimentali, con strutture ad archi e cupole, che conferiscono profondità alla scena, unendo la dimensione terrena a quella spirituale. Ai piedi del santo si trovano un drappo rosso e una spada spezzata, simboli che evocano lotta e sacrificio. Osservando l’opera, si notano alcuni interventi di restauro. Le toppe rettangolari visibili evidenziano i lavori preliminari per preservare il dipinto, probabilmente danneggiato nel corso del tempo da fattori ambientali o altri eventi. Questi restauri, che comprendono zone di colore ripristinate e rinforzi sulla tela, riflettono una sensibilità verso la conservazione del patrimonio artistico, non solo come atto di cura, ma anche come volontà di tramandare alle future generazioni un pezzo della nostra storia. Sebbene i segni del restauro siano evidenti, non intaccano il fascino dell'opera, anzi, ne accrescono il valore storico, ricordando l’importanza della tutela e del passaggio del tempo.
Mauro e Tiziana
La splendida pala d’altare di Francesco de Benedictis nella chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria

La pala d’altare si trova nella terza cappelletta sul lato destro della navata. La cappelletta è caratterizzata da una struttura architettonica raffinata, con due colonne corinzie che sorreggono un timpano spezzato. La volta a vela, arricchita da eleganti cornici, dona armonia all’ambiente, mentre un piccolo oculo al centro della parete consente l’ingresso della luce naturale, creando un’atmosfera suggestiva. Accanto all’altare, si possono osservare una statua coperta e un mobile semplice, che completano l’insieme di questo spazio sacro e raccolto. A differenza di una tela, che è generalmente un dipinto su un supporto mobile e privo di struttura architettonica propria, una pala d’altare è un elemento decorativo e funzionale integrato nell’architettura sacra, spesso accompagnato da cornici, colonne o timpani che ne valorizzano la presenza e il contesto liturgico.
L’opera raffigura un momento di intensa devozione, con una scena che collega il mondo terreno a quello celeste. In basso troviamo due figure principali:
- San Nicola di Bari, il santo vescovo, inginocchiato in preghiera con il pastorale e gli abiti episcopali, simboli del suo ruolo di guida spirituale.
- San Luigi Gonzaga, giovane santo gesuita, riconoscibile dal giglio, simbolo di purezza, e dall’abito liturgico. La sua figura rappresenta la devozione giovanile e la dedizione totale a Dio.
Sopra di loro, al centro della composizione, domina la Madonna, raffigurata su un trono di nubi, circondata da angeli che donano grazia e movimento all’opera. La Vergine simboleggia il ponte tra i santi e Dio, richiamando la sua intercessione per i fedeli.

Mentre la nebbia copre il lago in lontananza, i ricordi di Tiziana riaffiorano, portando con sé l’eco di un tempo in cui ogni cosa sembrava più viva, più vera.
Mauro e Tiziana
Il Campanile della Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria: restauri e stratificazioni architettoniche

La parte inferiore del campanile è caratterizzata da una muratura in pietra grezza, che suggerisce una costruzione originaria di epoca medievale o rinascimentale. I blocchi di pietra irregolari sono stati disposti secondo tecniche costruttive tradizionali, mirate a garantire stabilità e durata. La presenza di una lapide in pietra con iscrizioni latine testimonia un primo restauro significativo, commissionato da Decio Caracciolo, abate e successivamente vescovo di Bari, figura di spicco legata alla storia di questa struttura.
La cella campanaria, con i suoi archi in mattoni e le cornici regolari, rappresenta un chiaro intervento successivo. Questo restauro, realizzato presumibilmente in epoca moderna, si distingue per l’uso del laterizio, un materiale più recente rispetto alla pietra calcarea originaria. Le aperture ad arco evidenziano uno stile sobrio e funzionale, tipico delle ricostruzioni post-sismiche o di interventi volti a migliorare l’efficienza strutturale.
La guglia piramidale in cemento, che si innalza sopra la cella campanaria, è un’aggiunta contemporanea, probabilmente inserita per completare esteticamente il campanile o per sostituire una struttura precedente andata perduta. La sua semplicità formale si integra visivamente con le linee essenziali del resto della struttura.
Sul lato est del campanile è incastonata una lapide incisa in pietra, che riporta l’iscrizione latina:

Decio Caracciolo, abate, realizzò questa opera
Questa iscrizione conferma che il campanile, o parte di esso, aveva subito danni e fu sottoposto a un intervento significativo, probabilmente per consolidare la struttura e restituirle funzionalità. Accanto all’iscrizione si intravede uno stemma araldico inciso nella pietra. Sebbene sia parzialmente eroso dal tempo, lo stemma potrebbe appartenere alla famiglia Caracciolo e rappresenta un elemento di grande interesse storico, suggerendo il legame diretto tra Decio Caracciolo e la comunità locale.
Il contrasto tra le diverse fasi costruttive non è solo un elemento estetico, ma anche una testimonianza di adattamenti funzionali. La base massiccia garantisce stabilità, mentre l’uso del laterizio nella parte superiore riduce il peso complessivo, migliorando la resistenza sismica. La guglia, infine, aggiunge verticalità, richiamando lo slancio verso il cielo tipico delle strutture religiose.
Il campanile della Chiesa Madonna in Basilica non è solo un elemento architettonico, ma anche un simbolo di tenacia e devozione della comunità di Villa Santa Maria. Questo monumento rappresenta l’evoluzione di un patrimonio che, nonostante il passare del tempo e le difficoltà, continua a essere un punto di riferimento per gli abitanti e per i visitatori. È un esempio tangibile di come l’architettura possa essere un ponte tra passato e presente, in equilibrio tra esigenze tecniche e valore simbolico.
Molto probabilmente, alla conclusione delle puntate, verrà pubblicato un libro digitale con approfondimenti e fotografie professionali di tutte le puntate realizzate con Tiziana. Sarà un viaggio storico-artistico nelle bellezze di Villa Santa Maria.
Il contrasto tra le diverse fasi costruttive non è solo un elemento estetico, ma anche una testimonianza di adattamenti funzionali. La base massiccia garantisce stabilità, mentre l’uso del laterizio nella parte superiore riduce il peso complessivo, migliorando la resistenza sismica. La guglia, infine, aggiunge verticalità, richiamando lo slancio verso il cielo tipico delle strutture religiose.
Il campanile della Chiesa Madonna in Basilica non è solo un elemento architettonico, ma anche un simbolo di tenacia e devozione della comunità di Villa Santa Maria. Questo monumento rappresenta l’evoluzione di un patrimonio che, nonostante il passare del tempo e le difficoltà, continua a essere un punto di riferimento per gli abitanti e per i visitatori. È un esempio tangibile di come l’architettura possa essere un ponte tra passato e presente, in equilibrio tra esigenze tecniche e valore simbolico.
Molto probabilmente, alla conclusione delle puntate, verrà pubblicato un libro digitale con approfondimenti e fotografie professionali di tutte le puntate realizzate con Tiziana. Sarà un viaggio storico-artistico nelle bellezze di Villa Santa Maria.
Tiziana e Mauro
Un altro pezzo di storia vicino alla Madonna in Basilica

Tiziana e Mauro
Un arco tamponato sul lato est della Chiesa della Madonna in Basilica

• Un accesso secondario riservato al clero, per agevolare l’entrata e l’uscita dall’abside senza interferire con l’aula principale della chiesa. • Un collegamento con edifici esterni, come un chiostro o strutture conventuali, che potevano essere integrate nella vita religiosa del luogo. • Un’apertura liturgica, utilizzata per cerimonie o processioni che coinvolgevano l’area absidale, la parte più sacra dell’edificio.
La monofora che sormonta l’arco, una stretta apertura verticale, serviva probabilmente a illuminare naturalmente l’interno della sacrestia o ad aerare l’ambiente. La sua presenza contribuisce a definire lo stile architettonico romanico, tipico delle chiese medievali. Le modifiche apportate alla struttura, tra cui il tamponamento dell’arco, furono realizzate nel corso dei secoli, probabilmente anche grazie all’intervento della famiglia Caracciolo, patroni del paese e figure chiave nella storia religiosa e architettonica di Villa Santa Maria. Tra il XVII e il XIX secolo, i
Caracciolo finanziarono lavori di ampliamento e ristrutturazione della chiesa, trasformandola in un importante luogo di culto per la comunità. È plausibile che l’arco sia stato tamponato durante uno di questi interventi, forse per adattare la parete absidale a nuove esigenze funzionali, come l’inserimento della sacrestia.

Ora che ogni giorno scendo giù per avvolgere i nostri ricordi, il tempo sembra fermarsi. Mi siedo su una panchina, e i pensieri corrono veloci. Riaffiora un tempo lontano, quando venivo qui a salutare gli ospiti della casa di riposo. Ricordo il bucato appena steso sul piazzale antistante la chiesa, che ondeggiava al vento, riempiendo l’aria di un profumo di primavera. Rivedo Giuseppe di Casoli, con il suo sorriso sincero, che raccontava la sua vita come un vecchio libro pieno di avventure. Poi si andava tutti insieme: io, Giuseppe, Sergio e Peppino Pratarelli, a giocare a carte da Onofrio. Questi luoghi, come le pietre della chiesa, continuano a custodire i frammenti di un passato che il tempo non ha mai cancellato.
Mauro e Tiziana
Un ricordo e una riflessione condivisa

Ora che vivo nel tuo ricordo, non posso fare a meno di continuare questo percorso storico-artistico che abbiamo intrapreso insieme. Ci sono luoghi che portano con sé frammenti di momenti condivisi e che, anche oggi, mi riportano a te. Di fronte alla chiesa della Madonna in Basilica, sul ciglio della strada, accanto al giardino pubblico annesso alla scuola dell’infanzia, che oggi accoglie i bambini di Villa Santa Maria e dei paesi vicini, si trova una tomba con una lapide che racchiude una storia importante e toccante.
La lapide reca questa iscrizione: «Qui riposa l’arciprete Ciriaco Di Franco, che, vero sacerdote di Cristo, insegnò costantemente al popolo con i precetti e con l’esempio di una vita illibata ed operosa la morale evangelica. Nacque in Villa Santa Maria il dì 5 settembre 1809. Morì il 12 aprile 1882». Qui riposa, dunque, l’arciprete Ciriaco Di Franco, ricordato come un uomo che “insegnò costantemente al popolo” con i suoi insegnamenti e con l’esempio di “una vita illibata ed operosa”. Fermarci davanti a questo luogo è sempre stata un’occasione per riflettere e cercare di capire il motivo della sua sepoltura in questo punto particolare, così vicino alla chiesa. Questa sepoltura, infatti, sembra contraddire l’editto di Saint-Cloud, emanato da Napoleone nel 1804 (e applicato in Italia nel 1806), che imponeva che tutte le sepolture avvenissero nei cimiteri fuori dai centri abitati. Ci siamo chiesti tante volte perché l’arciprete rimase qui e non fu sepolto successivamente nel cimitero comunale, in conformità con le normative vigenti. Fo
rse fu una decisione voluta dalla comunità o dalle autorità ecclesiastiche, un gesto per rendere omaggio a una figura così significativa per il paese. Oppure, chissà, potrebbe essere stato un desiderio espresso dallo stesso arciprete. In ogni caso, questa scelta racconta qualcosa di profondo: il rispetto e la gratitudine verso un uomo che aveva lasciato un segno indelebile nella sua comunità. L’editto napoleonico mirava a cambiare le tradizioni, vietando le sepolture accanto alle chiese per motivi di igiene e ordine pubblico. Tuttavia, in Italia, soprattutto nei piccoli centri, le regole vennero a volte interpretate con flessibilità, specialmente per personalità di grande rilievo. La sepoltura dell’arciprete Ciriaco Di Franco ne è un esempio: un atto che sembra voler mantenere vivo il suo ricordo nel cuore del paese. Seduto su una panchina, mi rendo conto che vivere nel tuo ricordo significa, in un certo senso, portare avanti la tua luce nei miei giorni. È come se la tua presenza si riflettesse nei piccoli gesti quotidiani, nei sorrisi che incontro e nelle storie che raccontiamo. Custodire il tuo ricordo è un modo per sentirti vicino, anche nelle distanze che il tempo ha voluto creare.

Tiziana e Mauro
La “Crocetta” di Villa Santa Maria: un simbolo di tradizione

Lungo la strada, a circa 200 metri dalla Chiesa della Madonna in Basilica, si trova quella che gli abitanti di Villa Santa Maria chiamano semplicemente la "Crocetta". Questo piccolo ma significativo simbolo religioso è composto da una croce in ferro che poggia su una base solida in pietra, immersa tra gli ulivi e il verde circostante e costeggia la strada.
La croce in ferro, probabilmente risalente al XIX o XX secolo, potrebbe essere stata realizzata da un fabbro locale, mentre la base in pietra, più antica, potrebbe risalire al XVIII o XIX secolo. La lavorazione semplice ma robusta della base testimonia l’intento di creare una struttura duratura, capace di resistere al tempo.
Lo stile della croce, essenziale e lineare, riflette il gusto sobrio e funzionale tipico delle opere rurali, dove la semplicità serviva anche a sottolineare la spiritualità genuina e priva di orpelli. Il ferro veniva prediletto per la realizzazione delle croci grazie alla sua resistenza agli agenti atmosferici, ma anche per la facilità di lavorazione che consentiva ai fabbri locali di realizzare manufatti solidi e duraturi, adatti a sopportare l’usura del tempo. Inoltre, il ferro, spesso ricavato da materiali di recupero, rappresentava un esempio di economia e pragmatismo tipico delle comunità agricole.
Si pensa che la Crocetta possa essere stata un’edicola votiva, legata alle antiche tradizioni devozionali della zona. Potrebbe aver avuto un ruolo importante durante le processioni chiamate passate, momenti di preghiera collettiva che scandivano la vita spirituale della comunità. Le passate non erano semplici camminate religiose, ma rappresentavano una forma profonda di devozione, in cui il percorso stesso diventava un momento di riflessione. Questi momenti collettivi rafforzavano il senso di appartenenza e il legame spirituale tra i partecipanti, trasformando il cammino in una celebrazione condivisa della fede e dei valori comunitari. Molto probabilmente, tale Crocetta era un’altra sosta delle cosiddette passate, che venivano puntualmente fatte proprio in virtù della Madonna in Basilica.
Quel simbolo è sempre stato lì, immutabile nel tempo, senza che mai nessuno lo spostasse o osasse modificarlo. Ogni volta che ci fermavamo ad ammirarlo, dicevamo quasi istintivamente: “Menomale che è ancora lì, menomale che nessuno l’abbia toccato.” Sembrava un segno di continuità, un legame indissolubile con il passato che resisteva alle trasformazioni del presente.
Ricordo ancora Tiziana che, con la sua bicicletta, percorreva quella strada in un silenzio carico di pace. Il sole filtrava tra gli ulivi, giocando con i raggi sul suo volto sereno. Ogni tanto si fermava, lasciava la bicicletta accostata e contemplava questo simbolo con uno sguardo che sembrava abbracciare il tempo. Forse in quel momento parlava con l’anima di quei luoghi, con i passi di chi l’aveva preceduta e con la storia che quel simbolo ancora custodisce.
Mauro e Tiziana
Le meraviglie artistiche della Chiesa della Madonna in Basilica a Villa Santa Maria

La Pentecoste: ubicata nella navata destra, l'opera raffigura la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e sulla Vergine Maria. La scena, dinamica e circolare, ruota intorno alla colomba dello Spirito Santo, posta al centro, da cui si irradiano fasci di luce divina. Gli Apostoli, disposti in semicerchio attorno a Maria, mostrano espressioni di stupore e venerazione. I colori predominanti sono il blu cobalto, il rosso carminio e una varietà di terre naturali, tra cui tonalità ocra e brune. Spiccano l’uso del giallo di Napoli e del giallo di cromo, che illuminano la composizione, valorizzando i dettagli delle fiammelle simboliche e delle aure divine.

Lo stile manierista nelle opere di De Benedictis Parlando con Tiziana, abbiamo condiviso la nostra riflessione sullo stile manierista che emerge chiaramente in queste tele. Questo movimento artistico, nato tra la fine del Rinascimento e l’inizio del Barocco, si caratterizza per eleganza, proporzioni allungate e composizioni teatrali, elementi che si ritrovano nelle opere di De Benedictis. In “La Pentecoste”, i gesti drammatici degli Apostoli e l’armonia cromatica ricercata evidenziano il legame con il manierismo. Allo stesso modo, in “L’Adorazione dei Magi”, la teatralità delle pose e la brillantezza dei dettagli, come gli abiti e i doni, coinvolgono emotivamente lo spettatore, immergendolo nella narrazione sacra. Il manierismo si riflette anche nella tecnica pittorica: l’uso delle velature, il chiaroscuro sofisticato e la scelta di colori intensi e raffinati, donano alle opere profondità e un fascino unico.
Le due tele furono commissionate tra la metà e la fine dell’Ottocento, periodo in cui le comunità locali, spesso attraverso confraternite o il clero, promuovevano la realizzazione di opere sacre per adornare le chiese e ispirare la devozione dei fedeli. De Benedictis collaborava strettamente con i committenti, recependo le esigenze spirituali e culturali della comunità e integrando nelle sue opere simboli legati alle tradizioni locali. Non era raro che le richieste venissero avanzate con grande anticipo, coinvolgendo anche più famiglie della comunità per raccogliere i fondi necessari. L’artista, attraverso bozzetti preliminari e continui confronti con i committenti, riusciva a trasporre su tela le aspettative spirituali e artistiche della sua epoca.
Sia io che Tiziana, grandi appassionati di storia dell'arte e di tutto ciò che riguarda l'arte, abbiamo sempre trovato affascinante il modo in cui artisti come De Benedictis riuscissero a combinare maestria tecnica e profonda spiritualità, rispondendo con le loro opere ai bisogni devozionali di intere comunità.
Le due tele della Chiesa della Madonna in Basilica non sono solo capolavori di tecnica e stile, ma rappresentano un ponte tra arte e tradizione, una testimonianza di come l’arte possa incarnare valori profondi e universali.
Visitare la Chiesa della Madonna in Basilica significa immergersi in un’esperienza unica, tra storia, arte e cultura.
Non è la fine del nostro viaggio artistico, poiché continueremo a scoprire le altre meraviglie storiche e artistiche di Villa Santa Maria. A Tiziana, compagna insostituibile di vita e del nostro viaggio artistico, che ha reso ogni passo un ricordo indelebile. Ogni pennellata, ogni sfumatura di queste tele ci ricorda che l’arte è il linguaggio eterno delle emozioni e dei legami più profondi.
Tiziana e Mauro
L’organo a canne della Chiesa della Madonna in Basilica: un gioiello di arte e musica

Realizzato alla metà del 1800, l’organo riflette l’eccellenza della tradizione organaria italiana dell’epoca. L’organo a canne, situato su una cantoria sopraelevata sopra l’ingresso principale della chiesa, è un capolavoro che unisce arte, tecnica e spiritualità. La cantoria è sostenuta da colonne classiche con capitelli sobri ma eleganti, perfettamente integrate nell’architettura interna della chiesa. Questi elementi strutturali non solo svolgono una funzione pratica, ma contribuiscono a definire un equilibrio visivo tra l’ambiente liturgico e l’imponenza dell’organo. La cantoria è decorata con fregi e dipinti che raffigurano temi celestiali, tra cui spiccano i putti sulla balaustra. Queste figure infantili, rappresentate con strumenti musicali come cetre e flauti, evocano un senso di purezza spirituale e leggerezza. I putti, dipinti all’interno di medaglioni circondati da cornici decorative, sembrano accompagnare l’organo con un simbolico coro celeste, richiamando l’armonia della musica sacra. La cassa lignea dell’organo, con intagli dorati e motivi floreali, richiama elementi dello stile rococò, visibile nelle volute e nei dettagli vegetali. Il frontone spezzato, arricchito da trafori che filtrano la luce, introduce invece richiami al neoclassicismo, creando un raffinato equilibrio tra opulenza e linearità. La tastiera, composta da 50 tasti a ottava corta, permette di estendere la gamma musicale a partire dalle note gravi, eliminando alcune delle note meno utilizzate nelle tonalità liturgiche. La pedaliera di 9 tasti, anch’essa a ottava corta, arricchisce l’esecuzione con tonalità profonde, creando una dimensione sonora ricca e complessa. La disposizione ergonomica facilita i passaggi tra tastiera e pedaliera, garantendo fluidità e precisione. L’organo possiede 21 canne di facciata, realizzate in una lega di stagno e piombo, disposte simmetricamente per creare un impatto visivo armonioso. Dietro di esse si trovano le canne dei registri interni, progettati per produrre una vasta gamma di timbri sonori. Questi registri consentono di imitare strumenti come trombe, flauti o viole, oppure di generare suoni puri e armonici, ideali per l’accompagnamento liturgico. Il sistema di alimentazione è composto da due mantici, che producono un flusso d’aria costante per alimentare le canne. Il flusso è distribuito ai registri attraverso i somiere, suddivisi in sezioni per ottimizzare la gestione dell’aria. La trasmissione meccanica, composta da una rete di tiranti, leve e catenacci, garantisce una risposta immediata, consentendo all’organista di controllare dinamicamente volume e intensità sonora.
L’organo della Chiesa della Madonna in Basilica non è solo uno strumento musicale, ma un mezzo di elevazione spirituale. La sua musica, unita alla bellezza dei putti, trasmette un’atmosfera di raccoglimento e devozione, rendendo ogni celebrazione un momento di profonda comunione con il divino.
Anche oggi abbiamo raccontato umilmente un altro pezzo di storia del nostro paese. Questa storia, fatta di arte e musica, si intreccia dolcemente nel tuo ricordo, Tiziana.
Come le note di un organo che vibrano nell’aria, anche tu rimani presente, una melodia che mi accompagnerà per sempre, fino all’ultima nota della mia vita.
Come le note di un organo che vibrano nell’aria, anche tu rimani presente, una melodia che mi accompagnerà per sempre, fino all’ultima nota della mia vita.
Mauro e Tiziana
La Statua della Madonna in Basilica: il Tesoro di Fede e Arte di Villa Santa Maria

La statua lignea della Madonna col Bambino, custodita nella chiesa della Madonna in Basilica, è un’opera d’arte straordinaria, capace di unire maestria tecnica e intensità spirituale. Questa scultura, probabilmente realizzata tra il XIV e il XV secolo, rappresenta un perfetto esempio dell’arte sacra italiana, dove il legno, i colori e i dettagli simbolici si fondono per dare vita a una rappresentazione mariana carica di emozione e significato.
L’opera è stata intagliata in legno, probabilmente di pioppo o tiglio, materiali ampiamente utilizzati nell’arte sacra per le loro caratteristiche specifiche. Il pioppo, con la sua grana fine e compatta, era apprezzato per la facilità di lavorazione e per la sua capacità di resistere nel tempo. Il tiglio, invece, è noto per la sua leggerezza e omogeneità, ideale per dettagli raffinati come i tratti del volto e le pieghe del manto.
Il legno è stato accuratamente stagionato per evitare crepe o deformazioni nel corso del tempo, dimostrando una profonda conoscenza delle proprietà dei materiali da parte dello scultore. Sulla superficie lignea è stato poi applicato uno strato preparatorio di gesso e colla animale, indispensabile per accogliere i colori e preservarne la brillantezza.
La policromia dell’opera esalta ogni dettaglio, trasformando il legno in un supporto vibrante e ricco di significato. I pigmenti naturali utilizzati testimoniano l’abilità degli artigiani nel coniugare bellezza e durata:
L’opera è stata intagliata in legno, probabilmente di pioppo o tiglio, materiali ampiamente utilizzati nell’arte sacra per le loro caratteristiche specifiche. Il pioppo, con la sua grana fine e compatta, era apprezzato per la facilità di lavorazione e per la sua capacità di resistere nel tempo. Il tiglio, invece, è noto per la sua leggerezza e omogeneità, ideale per dettagli raffinati come i tratti del volto e le pieghe del manto.
Il legno è stato accuratamente stagionato per evitare crepe o deformazioni nel corso del tempo, dimostrando una profonda conoscenza delle proprietà dei materiali da parte dello scultore. Sulla superficie lignea è stato poi applicato uno strato preparatorio di gesso e colla animale, indispensabile per accogliere i colori e preservarne la brillantezza.
La policromia dell’opera esalta ogni dettaglio, trasformando il legno in un supporto vibrante e ricco di significato. I pigmenti naturali utilizzati testimoniano l’abilità degli artigiani nel coniugare bellezza e durata:
Manto della Madonna: Dipinto con un blu intenso, simbolo del cielo e della purezza divina, il manto è decorato con stelle dorate, emblema di protezione e regalità mariana. Questo blu, ottenuto da pigmenti preziosi come l’azzurrite o, in casi più prestigiosi, il lapislazzuli, conferisce al manto una luminosità unica. La doratura delle stelle è realizzata con foglia d’oro, applicata con cura per donare riflessi vivi e luminosi.
Veste del Bambino: La tonalità azzurra della veste richiama l’innocenza e la pace, con decorazioni dorate che richiamano la regalità e la divinità del Bambino Gesù.
I volti della Madonna e del Bambino sono resi con una delicatezza straordinaria, utilizzando tonalità naturali ottenute da ocra rossa, ocra gialla e bianco di piombo, arricchite da tocchi di cinabro per le guance e le labbra. Questo trattamento cromatico dona ai volti una vivacità e un calore che sembrano avvicinare il divino all’umano.
Le corone dorate della Madonna e del Bambino sono veri e propri gioielli artistici. Realizzate con tecniche di cesellatura e doratura, presentano una lavorazione ricca e minuziosa che riflette l’abilità degli orafi dell’epoca.
Nella mano della Madonna troviamo un giglio, simbolo di purezza e fedeltà, realizzato con una precisione tale da sembrare quasi reale. Il rosario in perle bianche, con la sua lucentezza opaca, invita alla preghiera e alla riflessione, rendendo l’opera un ponte tra la bellezza visiva e la devozione spirituale
Il volto della Madonna è intenso e protettivo, con uno sguardo che sembra osservare e accogliere chiunque si fermi ad ammirarla. I suoi tratti, delicati e ben proporzionati, trasmettono una serenità che avvolge e conforta, come se volesse ricordare la presenza costante di una madre divina. La leggera inclinazione del capo e la profondità degli occhi invitano alla meditazione e alla preghiera.
Il Bambino Gesù, invece, ha un’espressione dolce e vivace. Il suo sguardo sembra incrociare quello del fedele, creando una connessione diretta e personale. La posizione della mano destra, che richiama un gesto di benedizione, e il piccolo libro che tiene nella sinistra, simbolo della Parola divina, rafforzano il messaggio spirituale dell’opera. I volti della Madonna e del Bambino insieme creano un dialogo silenzioso, un invito alla fiducia e alla speranza.
La statua della Madonna col Bambino è custodita in una nicchia illuminata, incastonata nella struttura muraria della chiesa. Questa teca, con il suo design semplice ma elegante, è studiata per valorizzare al massimo la bellezza dell’opera. La luce, posizionata strategicamente sopra la statua, crea un’aura luminosa che accentua i colori e i dettagli dorati, conferendo alla scultura un aspetto quasi soprannaturale.
Le corone dorate della Madonna e del Bambino sono veri e propri gioielli artistici. Realizzate con tecniche di cesellatura e doratura, presentano una lavorazione ricca e minuziosa che riflette l’abilità degli orafi dell’epoca.
Nella mano della Madonna troviamo un giglio, simbolo di purezza e fedeltà, realizzato con una precisione tale da sembrare quasi reale. Il rosario in perle bianche, con la sua lucentezza opaca, invita alla preghiera e alla riflessione, rendendo l’opera un ponte tra la bellezza visiva e la devozione spirituale
Il volto della Madonna è intenso e protettivo, con uno sguardo che sembra osservare e accogliere chiunque si fermi ad ammirarla. I suoi tratti, delicati e ben proporzionati, trasmettono una serenità che avvolge e conforta, come se volesse ricordare la presenza costante di una madre divina. La leggera inclinazione del capo e la profondità degli occhi invitano alla meditazione e alla preghiera.
Il Bambino Gesù, invece, ha un’espressione dolce e vivace. Il suo sguardo sembra incrociare quello del fedele, creando una connessione diretta e personale. La posizione della mano destra, che richiama un gesto di benedizione, e il piccolo libro che tiene nella sinistra, simbolo della Parola divina, rafforzano il messaggio spirituale dell’opera. I volti della Madonna e del Bambino insieme creano un dialogo silenzioso, un invito alla fiducia e alla speranza.

Il vetro che protegge la statua non è soltanto una misura di conservazione, ma contribuisce anche a separare simbolicamente il sacro dal profano, invitando i fedeli a contemplare con rispetto e devozione. Ogni riflesso sul vetro sembra intrecciarsi con le linee della scultura, aggiungendo un senso di profondità e dinamismo.
La statua poggia su una base lignea finemente decorata, dipinta in toni scuri con bordature dorate, che creano un contrasto perfetto con le tonalità brillanti del manto e della veste della Madonna. Questa base non è solo un supporto fisico, ma parte integrante dell’opera, pensata per esaltare la regalità e la solennità della figura mariana.
La statua poggia su una base lignea finemente decorata, dipinta in toni scuri con bordature dorate, che creano un contrasto perfetto con le tonalità brillanti del manto e della veste della Madonna. Questa base non è solo un supporto fisico, ma parte integrante dell’opera, pensata per esaltare la regalità e la solennità della figura mariana.
Il pavimento della nicchia, decorato con motivi geometrici semplici ma armoniosi, aggiunge un tocco di delicatezza al contesto complessivo, richiamando lo stile tradizionale degli interni delle chiese locali. Ammirandola, si percepisce non solo la maestria tecnica dell’artista, ma anche l’intensità del messaggio spirituale che quest’opera trasmette da secoli.
Ogni volta che guardo questa statua penso a quella tela incompiuta... Quella scintilla di entusiasmo che ci spingeva a creare sembra essersi dissolta nel vuoto che hai lasciato. Senza di te, l’ispirazione si è fatta ombra, e ogni pennellata sembra ormai troppo distante. Forse sarà il tempo a decidere quando sarà il momento di ripartire, ma in questo istante, non posso fare altro che ascoltare il silenzio che ci separa, un silenzio che pesa come una vita intera.
Mauro e Tiziana
Vi portiamo ancora una volta all’interno della Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria

Dall’esterno, la pietra rustica della facciata avvolge il vetro, rendendolo un elemento perfettamente integrato nell’architettura storica.
Questa vetrata
circolare raffigura un Agnello Mistico, un simbolo ricco di interpretazioni.
L’Agnello rappresenta un sacrificio universale e un messaggio di pace. Il vessillo crociato può essere visto come una vittoria sulla sofferenza e un invito alla speranza. Il monogramma “PX” (Chi-Rho) richiama un legame con la storia e la tradizione antica.
L’altare sotto l’Agnello suggerisce un gesto di offerta e unione.

Ma non finisce qui! Nei prossimi aggiornamenti vi parleremo di due elementi davvero speciali: la splendida statua della Madonna, un'opera lignea dipinta (vi sveleremo anche la natura chimica dei suoi colori), con movimenti simmetrici di rara fattura artistica, simbolo di fede e tradizione, e il magnifico organo, un capolavoro di arte e ingegno che vale la pena scoprire.
Cara Titti, la nostra ricerca ci ha avvolti, incantati, come un filo invisibile che intreccia passato e presente. Con umiltà, continueremo a narrarla attraverso queste pagine, e forse, un giorno, prenderà forma in una raccolta rilegata, dove i segreti della scultura, degli stucchi, delle pitture e dei rari affreschi del nostro paese troveranno dimora. Ora, mentre il buio e il freddo di questa giornata d’inverno cedono il passo alla notte, l’assenza si posa sul cuore come un’ombra silenziosa, spezzandolo e accarezzandolo insieme.
Tiziana e Mauro
Palazzo Spaventa: un capolavoro Liberty a Villa Santa Maria

All’ingresso di Villa Santa Maria si erge il magnifico Palazzo Spaventa, un’elegante testimonianza dello stile Liberty, che ha lasciato un segno profondo nell’architettura italiana dei primi decenni del Novecento.
Questo edificio colpisce per l’armonia delle sue forme e la ricercatezza dei dettagli, tipiche del movimento Liberty, ispirato ai motivi sinuosi e floreali della natura.
I balconi arrotondati, sorretti da mensole scolpite con volute e figure antropomorfe, catturano lo sguardo e sembrano sospesi nel tempo, raccontando storie di un’epoca passata. Le decorazioni in altorilievo, presenti sui portoni e sulle cornici, sono un’espressione di rara e preziosa maestria artigianale.
Il portone principale è un autentico gioiello: realizzato in legno massiccio di ciliegio, conserva intagli di straordinaria precisione. Motivi floreali si intrecciano con mascheroni scolpiti, evocando antiche credenze legate alla protezione della casa o semplicemente il gusto decorativo dell’epoca.
La facciata, impreziosita da ghirlande e cornici in rilievo che incorniciano porte e finestre, regala un’impressione di movimento e leggerezza. Nonostante il passare del tempo abbia lasciato qualche segno sugli intonaci, Palazzo Spaventa conserva intatta la sua dignità e il suo fascino.
Il Liberty, noto anche come Stile Floreale, si diffuse in Italia agli inizi del ‘900 e si caratterizzò per linee morbide e curve eleganti, ispirate alla natura, con una straordinaria attenzione ai dettagli decorativi e alla lavorazione artigianale. Palazzo Spaventa rappresenta un esempio eccellente di questo stile, che merita di essere scoperto, valorizzato e protetto.
Anche questa domenica, avvolta dalle nuvole grigie, giunge al suo tramonto.
Il freddo e questa tristezza velata di solitudine hanno un sapore che si posa lieve sui ricordi, avvolgendoli in un manto di quiete, come se quel silenzio volesse ancora parlare di noi, delle nostre storie mai concluse e dei sogni che non smettono di vivere.
Mauro e Tiziana
Davanti a un’opera senza tempo

Io e Tiziana ci siamo fermati tante volte davanti a questo portale, lungo la strada che conduce alla Chiesa della Madonna in Basilica. Ogni volta ci interrogavamo: quando sarà stato realizzato?
Il capitello, scolpito in bassorilievo sulla sommità delle due colonne, presenta volute sinuose che richiamano vagamente lo stile barocco. Tuttavia, la sobrietà della composizione e l’assenza di ornamenti eccessivi lasciano supporre una realizzazione più tarda, forse verso la fine dell’Ottocento, in un’epoca in cui l’arte cercava di reinterpretare i modelli del passato. La pietra locale, ormai segnata dal tempo, narra la dedizione di mani esperte che hanno saputo creare un’opera essenziale ma incredibilmente raffinata.
Osservando le volute e la simmetria dei dettagli, un giorno mi rivolsi a Tiziana chiedendole: “Ma questo portale sarà stato costruito in pieno periodo barocco, quando si puntava a stupire con gli ornamenti, oppure alla fine dell’Ottocento, quando si tentava di recuperare e reinterpretare gli stili antichi?”. Lei mi guardò, con il suo sguardo che lasciava sempre spazio alle domande, e sorridendo rispose: “Forse il bello è proprio questo: non saperlo, e lasciare che il mistero resti intatto.”
Invito tutti coloro che percorrono questa strada ogni giorno a fermarsi, anche solo per un istante, e ad osservare attentamente quest’opera che resiste al tempo. Forse anche voi troverete ispirazione in questi dettagli, capaci di raccontare storie e sollevare domande ancora senza risposta.
Tiziana e Mauro
Un'antica edicola o una costruzione commemorativa?

A pochi passi dalla chiesa della Madonna in Basilica, sul lato est, si trova una piccola struttura in rovina che potrebbe essere stata un’edicola votiva o una costruzione commemorativa. La sua vicinanza alla chiesa racconta una connessione spirituale e simbolica, radicata nel cuore della comunità locale.
L’edicola votiva: un segno di devozione e speranza
Le edicole votive, piccole costruzioni sacre, erano un tempo luoghi dove si rendeva omaggio a una divinità o si ricordava un evento significativo della vita comunitaria. Potrebbero aver ospitato immagini sacre o statuette, e le persone si fermavano lì per pregare, fare offerte o esprimere la propria gratitudine per una grazia ricevuta. In questo angolo nascosto, lontano dai riflettori, si conservano le tracce di un’antica pratica di fede che dava senso e speranza alla vita quotidiana. La sua posizione accanto alla chiesa rafforza il legame tra il mondo materiale e quello spirituale, come se l’edicola rappresentasse un piccolo punto di raccordo tra la sacralità e la vita comune.
Le edicole votive, piccole costruzioni sacre, erano un tempo luoghi dove si rendeva omaggio a una divinità o si ricordava un evento significativo della vita comunitaria. Potrebbero aver ospitato immagini sacre o statuette, e le persone si fermavano lì per pregare, fare offerte o esprimere la propria gratitudine per una grazia ricevuta. In questo angolo nascosto, lontano dai riflettori, si conservano le tracce di un’antica pratica di fede che dava senso e speranza alla vita quotidiana. La sua posizione accanto alla chiesa rafforza il legame tra il mondo materiale e quello spirituale, come se l’edicola rappresentasse un piccolo punto di raccordo tra la sacralità e la vita comune.
Se fosse una costruzione commemorativa
Se, invece, questa struttura in rovina fosse un monumento commemorativo, allora diventerebbe un segno tangibile di un evento importante nella storia della comunità, un atto di ricordo e rispetto per chi è passato. Le costruzioni commemorative erano erette per celebrare vittorie, personaggi illustri o momenti significativi che avevano segnato un’epoca. Questa rovina, con la sua pietra consumata dal tempo, potrebbe raccontare la storia di un sacrificio, di un coraggio o di una persona che ha segnato la vita di chi viveva in queste terre. La sua vicinanza alla chiesa potrebbe anche suggerire un legame con eventi sacri o storici, un punto di riferimento che simboleggia l’incontro tra il ricordo terribile e la speranza spirituale.
Se, invece, questa struttura in rovina fosse un monumento commemorativo, allora diventerebbe un segno tangibile di un evento importante nella storia della comunità, un atto di ricordo e rispetto per chi è passato. Le costruzioni commemorative erano erette per celebrare vittorie, personaggi illustri o momenti significativi che avevano segnato un’epoca. Questa rovina, con la sua pietra consumata dal tempo, potrebbe raccontare la storia di un sacrificio, di un coraggio o di una persona che ha segnato la vita di chi viveva in queste terre. La sua vicinanza alla chiesa potrebbe anche suggerire un legame con eventi sacri o storici, un punto di riferimento che simboleggia l’incontro tra il ricordo terribile e la speranza spirituale.
Cosa ci raccontano le sue pietre?
La base in pietra locale, lavorata con tecniche tradizionali, sembra risalire a secoli passati. La parte superiore, con i mattoni rossi e l’intonaco, aggiunti in epoche più recenti, racconta di interventi di restauro, per preservare questa memoria nel tempo.
La base in pietra locale, lavorata con tecniche tradizionali, sembra risalire a secoli passati. La parte superiore, con i mattoni rossi e l’intonaco, aggiunti in epoche più recenti, racconta di interventi di restauro, per preservare questa memoria nel tempo.
Tutte queste riflessioni sono, tuttavia, solo supposizioni basate su osservazioni personali e su una conoscenza del territorio che non è supportata da documentazioni storiche concrete. Non possiamo affermare con certezza che questa struttura fosse un’edicola votiva o una costruzione commemorativa; ciò che resta è il fascino del mistero che avvolge questi resti. Le nostre ipotesi si fondano sull’interpretazione di segni e tracce visibili, ma senza prove documentali certe, lasciamo aperta la porta alla possibilità che possa trattarsi di qualcosa di diverso.
Gli antichi forni, le cosiddette "pincere"
Non è improbabile che i mattoni usati per il restauro siano stati prodotti negli antichi forni, le cosiddette pincere, che un tempo animavano la vita di Villa Santa Maria. Questi forni, utilizzati per produrre mattoni e calce, erano centri vitali di lavoro e tradizione. Ogni mattone che ha contribuito alla costruzione di questa struttura racconta una storia di mani sapienti, fatiche e dedizione, legando il passato della comunità al presente.
Le pincere si trovano a circa 400 metri dalla chiesa della Madonna in Basilica, in prossimità del fiume Sangro. La vicinanza all’acqua era fondamentale per alimentare i forni e per l’estrazione della calce, un elemento chiave nella costruzione degli edifici locali. La posizione strategica di queste strutture favoriva la produzione dei mattoni, indispensabili per il restauro e la costruzione delle case e chiese della zona.
Oltre alla loro funzione produttiva, le pincere erano anche luoghi di incontro, dove i lavoratori, spesso intere famiglie, si univano nel duro lavoro quotidiano. Oggi, ciò che resta di queste strutture racconta la tradizione edilizia e l’impegno della comunità locale, che ha plasmato con fatica e passione il territorio e la sua storia.
Mentre i rintocchi della campana scandiscono le tre del pomeriggio, il vento accarezza il viso freddo, portando con sé frammenti di storie e ricordi. Seduto qui, accanto a questa struttura circondata dall’edera che sembra abbracciarla per proteggerla, immagino le mani che hanno scolpito la pietra, il calore dei forni delle pincere e le voci di chi, un tempo, ha vissuto questi luoghi.
Mentre i rintocchi della campana scandiscono le tre del pomeriggio, il vento accarezza il viso freddo, portando con sé frammenti di storie e ricordi. Seduto qui, accanto a questa struttura circondata dall’edera che sembra abbracciarla per proteggerla, immagino le mani che hanno scolpito la pietra, il calore dei forni delle pincere e le voci di chi, un tempo, ha vissuto questi luoghi.
Ogni crepa, ogni mattone raccontano il passaggio del tempo.
Il vento freddo accarezza anche il sorriso di un bambino che vedo uscire dalla scuola dell'infanzia e che mi saluta, come se il passato e il presente si incontrassero in un abbraccio silenzioso.
Tiziana e Mauro
Antichi resti davanti alla Madonna in Basilica: storia e dettagli

Questi elementi, realizzati in pietra locale, potrebbero risalire a un periodo compreso tra l’epoca romana tardoimperiale e il medioevo cristiano. Si ritiene che appartenessero a un edificio sacro preesistente all’attuale chiesa della Madonna in Basilica. La loro presenza testimonia la continuità di un luogo trasformato e tramandato nel tempo.
Caratteristiche tecniche della colonna e della base
- La base: scolpita con cura, presenta una forma circolare con un incavo centrale che serviva ad alloggiare il fusto della colonna. Questo dettaglio rivela la precisione delle tecniche antiche per garantire stabilità e armonia architettonica.
- Il fusto della colonna: parzialmente conservato, mostra segni evidenti di lavorazione manuale. È probabile che la colonna, originariamente più alta, fosse parte di una struttura decorativa o portante legata a una cappella o basilica paleocristiana.
Questi frammenti, oggi esposti nel piazzale, sono un piccolo ma significativo simbolo di una memoria che attraversa i secoli. La loro collocazione attuale ci consente di osservare da vicino testimonianze materiali di un passato intrecciato con la tradizione locale.

Nel frattempo, mentre i ricordi si affollano,
un venticello freddo gioca lieve tra i fili d’erba,
accarezzati dagli ultimi raggi di sole di questo giorno particolare.
un venticello freddo gioca lieve tra i fili d’erba,
accarezzati dagli ultimi raggi di sole di questo giorno particolare.
Tiziana e Mauro.
Il segreto delle colonne: frammenti di fede e arte nella Chiesa della Madonna in Basilica

Così come promesso qualche giorno fa, voglio raccontarvi di un frammento che io e Tiziana scorgemmo durante una visita alla Chiesa della Madonna in Basilica. Sicuramente era già stato notato da altri, ma quel giorno ci ripromettemmo di approfondire e scrivere qualcosa. Questo affresco ci ha sempre emozionato profondamente, forse per il modo in cui i suoi colori riaffiorano delicatamente dalla pietra o per il pensiero che una semplice malta, composta da calce spenta e sabbia di fiume, possa trasformarsi nel tempo in una superficie resistente, capace di durare per l’eternità.
La Chiesa della Madonna in Basilica di Villa Santa Maria presenta un interno a tre navate, databile tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo. Le colonne che dividono le navate si collocano in questo contesto cronologico e mostrano caratteristiche tipiche dell’architettura neoclassica. Questi elementi, in muratura intonacata, uniscono funzionalità e armonia estetica.
Su una di queste colonne divisorie si trova un frammento di affresco antico, parzialmente nascosto sotto strati di malta e intonaco aggiunti nel tempo. I colori caldi e le tonalità di rosso bruno, ocra e marrone lasciano intravedere una rappresentazione pittorica che potrebbe essere legata alla devozione mariana o a un ciclo simbolico della tradizione cristiana. Questo frammento, per quanto limitato, testimonia una decorazione pittorica risalente probabilmente a un’epoca precedente alla ristrutturazione ottocentesca della chiesa.
Alla base di questa colonna, si trova una lapide datata 1856, che racconta la struggente storia di Luigi De Cicco, un giovane di soli 20 anni. L’iscrizione recita:
“A Luigi De Cicco
nato il 4 luglio 1836
e spento in età di 20 anni
il giorno 15 novembre 1856
figlio d’esemplare bontà e di dolcezza di costumi
a conforto dei suoi genitori
pose questo marmo il padre inconsolabile.”
“A Luigi De Cicco
nato il 4 luglio 1836
e spento in età di 20 anni
il giorno 15 novembre 1856
figlio d’esemplare bontà e di dolcezza di costumi
a conforto dei suoi genitori
pose questo marmo il padre inconsolabile.”
La lapide fu voluta dal padre di Luigi, che volle tramandare la memoria del figlio attraverso queste parole piene di dolore e affetto. Luigi viene descritto come un giovane di grande bontà e dolcezza, qualità che dovevano aver lasciato un segno indelebile nella sua famiglia e nella comunità locale. Il dolore del padre, definito “inconsolabile”, emerge chiaramente dall’iscrizione, rendendo questa lapide non solo un ricordo personale, ma anche un simbolo universale del legame indissolubile tra genitori e figli.
Io e Tiziana abbiamo sempre pensato che sotto la malta di intonaco che ricopre ogni colonna della chiesa potrebbero celarsi altri frammenti di affresco. E chissà, forse queste immagini nascoste potrebbero raccontarci molto di più di una singola storia: un percorso religioso e artistico che unisce generazioni di fedeli e artisti in un dialogo senza tempo.
La tecnica pittorica dell’affresco utilizzata per il frammento si basa sull’applicazione di pigmenti minerali su intonaco fresco, permettendo ai colori di legarsi chimicamente alla superficie. Questo procedimento garantiva una notevole durata nel tempo, anche se molti affreschi, come questo, sono stati parzialmente nascosti dalle successive stratificazioni di malta.
Questi frammenti riaffiorati ci ricordano quanto sia importante preservare il patrimonio storico e artistico delle nostre chiese. Ogni elemento – che si tratti di una colonna, di una lapide o di un frammento di affresco – può raccontare una storia ricca di significato, pronta a essere riscoperta.
Cara Tiziana, sono felice che oggi io ti ricordi attraverso il legame che abbiamo condiviso, intrecciato con la storia silenziosa di questo luogo che porta ancora la tua presenza. È una felicità che si mescola a una tristezza infinita, come un dolce ricordo che non smette di toccare il cuore.
Mauro e Tiziana
L'orologio solare di Villa Santa Maria: un simbolo dimenticato da riscoprire

All’ingresso di Villa Santa Maria, precisamente a ridosso di Via Gradini Ponte, si trova un’incisione circolare scolpita su una parete di arenaria, a circa 30 metri di altezza dal suolo. Si tratta di una meridiana o orologio solare, un antico strumento che sfruttava la posizione del sole per misurare il trascorrere del tempo.
Secondo l’esperto di meridiane Nicola Severino, questa incisione potrebbe essere stata realizzata tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. La datazione suggerisce che la meridiana fosse un punto di riferimento per la comunità locale in un periodo in cui gli orologi meccanici non erano ancora diffusi nelle case di tutti.
La meridiana è uno strumento che, tramite un’asta (detta gnomone), proietta l’ombra del sole su una superficie graduata, indicando così l’ora del giorno. Nel caso della meridiana di Villa Santa Maria, l’asta originaria non è più visibile, ma l’incisione circolare con le linee radiali, che probabilmente rappresentano le ore, è ancora ben conservata.
La meridiana è uno strumento che, tramite un’asta (detta gnomone), proietta l’ombra del sole su una superficie graduata, indicando così l’ora del giorno. Nel caso della meridiana di Villa Santa Maria, l’asta originaria non è più visibile, ma l’incisione circolare con le linee radiali, che probabilmente rappresentano le ore, è ancora ben conservata.
Questo tipo di orologio aveva una funzione pratica fondamentale: aiutava gli abitanti a organizzare le loro giornate, specialmente in un contesto rurale come quello di Villa Santa Maria. Poteva servire per regolare i momenti del lavoro nei campi, scandire le pause e orientare le attività religiose, come la preghiera o il suono delle campane.
Oltre alla sua funzione pratica, la meridiana rappresentava un legame profondo con il ciclo della natura e il trascorrere del tempo. Simbolicamente, segnava l’interazione tra l’uomo e il cosmo, ricordando l’importanza del sole come fonte di vita e ordine.
Oltre alla sua funzione pratica, la meridiana rappresentava un legame profondo con il ciclo della natura e il trascorrere del tempo. Simbolicamente, segnava l’interazione tra l’uomo e il cosmo, ricordando l’importanza del sole come fonte di vita e ordine.
Durante i lavori di messa in sicurezza della parete negli anni ’90, vi fu un "tentativo" di stabilizzare l’estremità circolare della meridiana con della malta cementizia, che ha finito per lambire l’orologio solare e alterarne in parte l’aspetto.
Le testimonianze raccolte dagli anziani del paese hanno aiutato a ricostruire la storia di questo antico strumento, che oggi rimane un importante tassello della memoria collettiva di Villa Santa Maria.
Il nostro impegno per riscoprirlo
Tiziana ci teneva moltissimo alla valorizzazione di questa meridiana. Per questo, insieme a Pina Teti e Alessandro Sabatini, abbiamo realizzato due servizi video per raccontare la sua storia e il significato che potrebbe avere avuto per gli abitanti di allora. Presto ve li riproporremo, con l’obiettivo di mantenere viva la memoria di questo prezioso reperto.
Con grande rammarico, dobbiamo constatare che, nonostante gli sforzi fatti in passato, non vi è stato alcun seguito concreto per la tutela e la valorizzazione di questo simbolo. La meridiana, lasciata a sé stessa, rischia di essere dimenticata o persino danneggiata dall’incuria del tempo.
Speriamo che questo nuovo racconto possa stimolare un rinnovato interesse verso la meridiana e, più in generale, verso il patrimonio storico e culturale di Villa Santa Maria. La nostra storia merita di essere conosciuta, valorizzata e tramandata alle future generazioni.
Tiziana ci teneva moltissimo alla valorizzazione di questa meridiana. Per questo, insieme a Pina Teti e Alessandro Sabatini, abbiamo realizzato due servizi video per raccontare la sua storia e il significato che potrebbe avere avuto per gli abitanti di allora. Presto ve li riproporremo, con l’obiettivo di mantenere viva la memoria di questo prezioso reperto.
Con grande rammarico, dobbiamo constatare che, nonostante gli sforzi fatti in passato, non vi è stato alcun seguito concreto per la tutela e la valorizzazione di questo simbolo. La meridiana, lasciata a sé stessa, rischia di essere dimenticata o persino danneggiata dall’incuria del tempo.
Speriamo che questo nuovo racconto possa stimolare un rinnovato interesse verso la meridiana e, più in generale, verso il patrimonio storico e culturale di Villa Santa Maria. La nostra storia merita di essere conosciuta, valorizzata e tramandata alle future generazioni.
Tiziana e Mauro
Antichi reperti storici a Villa Santa Maria

Ogni tanto, io e Tiziana, attratti dai reperti storici e artistici, ci domandavamo: perché non valorizzare quel poco, ma prezioso patrimonio artistico che abbiamo nel nostro paese? Con un pizzico di spirito critico, riflettevamo su quanto sia curioso che, spesso, si ammirino monumenti e reperti in luoghi lontani, mentre non riusciamo a dare il giusto valore a ciò che, pur essendo poco, rappresenta tanto per Villa Santa Maria.
Passeggiando nel giardino pubblico dedicato al partigiano-cuoco Alberto Sabatini, ci si imbatte in due affascinanti frammenti archeologici che raccontano la storia di un luogo che fu centro di fede e comunità. Si tratta di due reperti provenienti dalla chiesa oppure dal piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica, trasferiti negli anni ’80 nel giardino pubblico per renderli visibili a tutti.
Cosa sono?
Base di colonna
La prima immagine mostra una base di colonna in pietra calcarea locale, lavorata con maestria. La forma presenta un toro superiore ben marcato, una modanatura convessa che collega la colonna al plinto e che era progettata per accentuare la transizione tra le parti verticali e orizzontali. Al di sotto, troviamo una scotia, una modanatura concava che crea un effetto di contrasto con il toro inferiore, più arrotondato. Questi elementi si poggiano su un plinto quadrangolare solido e regolare, che serviva da supporto alla struttura. Le proporzioni e la semplicità della decorazione richiamano gli ordini dorico o toscano, tipici di edifici sacri o civili tra il periodo romano e il medievale. La pietra calcarea locale era una scelta strategica per la sua durevolezza e facile lavorabilità.
La prima immagine mostra una base di colonna in pietra calcarea locale, lavorata con maestria. La forma presenta un toro superiore ben marcato, una modanatura convessa che collega la colonna al plinto e che era progettata per accentuare la transizione tra le parti verticali e orizzontali. Al di sotto, troviamo una scotia, una modanatura concava che crea un effetto di contrasto con il toro inferiore, più arrotondato. Questi elementi si poggiano su un plinto quadrangolare solido e regolare, che serviva da supporto alla struttura. Le proporzioni e la semplicità della decorazione richiamano gli ordini dorico o toscano, tipici di edifici sacri o civili tra il periodo romano e il medievale. La pietra calcarea locale era una scelta strategica per la sua durevolezza e facile lavorabilità.

Capitello
Nella seconda immagine si osserva un capitello, anch’esso realizzato in pietra calcarea. La struttura presenta scanalature verticali lungo il fusto, terminate da una linea di demarcazione sotto l’abaco, una lastra quadrangolare destinata a distribuire uniformemente il peso degli elementi soprastanti. Il toro superiore, al centro del capitello, funge da raccordo visivo e strutturale tra il fusto e l’abaco. L’assenza di decorazioni complesse suggerisce uno stile sobrio, adatto a un contesto rurale o a una comunità religiosa. La lavorazione sembra richiamare elementi medievali, databili tra il IX e il XII secolo, ma non si esclude che possa trattarsi di frammenti riutilizzati di origine tardo-antica.
Nella seconda immagine si osserva un capitello, anch’esso realizzato in pietra calcarea. La struttura presenta scanalature verticali lungo il fusto, terminate da una linea di demarcazione sotto l’abaco, una lastra quadrangolare destinata a distribuire uniformemente il peso degli elementi soprastanti. Il toro superiore, al centro del capitello, funge da raccordo visivo e strutturale tra il fusto e l’abaco. L’assenza di decorazioni complesse suggerisce uno stile sobrio, adatto a un contesto rurale o a una comunità religiosa. La lavorazione sembra richiamare elementi medievali, databili tra il IX e il XII secolo, ma non si esclude che possa trattarsi di frammenti riutilizzati di origine tardo-antica.
Datazione e storia
Questi reperti provengono dalla chiesa oppure dal piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica, un luogo di culto fondamentale per la comunità locale. Probabilmente facevano parte dell’architettura della chiesa, integrati in un portico o in elementi decorativi interni. La base della colonna, con la sua struttura robusta, e il capitello, con il suo abaco scolpito con precisione, suggeriscono una fase costruttiva legata a un’architettura romanica con influenze classiche, ma la datazione precisa rimane incerta.
Questi reperti provengono dalla chiesa oppure dal piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica, un luogo di culto fondamentale per la comunità locale. Probabilmente facevano parte dell’architettura della chiesa, integrati in un portico o in elementi decorativi interni. La base della colonna, con la sua struttura robusta, e il capitello, con il suo abaco scolpito con precisione, suggeriscono una fase costruttiva legata a un’architettura romanica con influenze classiche, ma la datazione precisa rimane incerta.
Negli anni ’80, i reperti furono trasferiti nel giardino pubblico dedicato al partigiano-cuoco Alberto Sabatini, dove sono tuttora visibili.
Anni addietro, gli studenti della scuola media di Villa Santa Maria, guidati dalla prof.ssa Gabriella Di Cicco, si occuparono dei reperti e dell’intera Chiesa della Madonna in Basilica, ottenendo anche un premio per i loro studi. Anche gli studenti e i docenti dell’Istituto Alberghiero contribuirono a ricerche e progetti legati a questo patrimonio. Alcuni di questi materiali si trovano esposti nel museo situato all’interno della Chiesa della Madonna in Basilica e nella guida storico-artistico-turistica su Villa Santa Maria di Antonio Di Lello.
Un invito alla scoperta
Se non li avete mai notati, vi invitiamo a passeggiare nel giardino pubblico dedicato ad Alberto Sabatini e a soffermarvi su questi antichi testimoni del nostro passato. Lasciamo che la storia del nostro paese continui a parlarci attraverso questi reperti.
Se non li avete mai notati, vi invitiamo a passeggiare nel giardino pubblico dedicato ad Alberto Sabatini e a soffermarvi su questi antichi testimoni del nostro passato. Lasciamo che la storia del nostro paese continui a parlarci attraverso questi reperti.
Tiziana e Mauro
Un ingresso carico di storia e mistero: la Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria

Affascina per la ricchezza dei suoi dettagli architettonici e simbolici, che narrano una storia millenaria. Ogni elemento di questo portale sembra voler trasmettere un messaggio, intrecciando arte, storia e spiritualità.
Il portone in legno: testimone di epoche passate
Il portone principale, realizzato in legno massiccio, si presenta con un aspetto robusto e austero. Potrebbe trattarsi di legno di castagno, una scelta comune nei secoli passati grazie alla sua resistenza agli agenti atmosferici e alla sua durabilità. Il portone sembra essere stato restaurato nel corso del tempo, ma alcune parti, come i cardini e i dettagli scolpiti, potrebbero risalire al XVII o XVIII secolo. Questa struttura non è solo funzionale: il legno, lavorato con cura e pazienza, aggiunge un tocco di calore e accoglienza al maestoso ingresso.
Il portone principale, realizzato in legno massiccio, si presenta con un aspetto robusto e austero. Potrebbe trattarsi di legno di castagno, una scelta comune nei secoli passati grazie alla sua resistenza agli agenti atmosferici e alla sua durabilità. Il portone sembra essere stato restaurato nel corso del tempo, ma alcune parti, come i cardini e i dettagli scolpiti, potrebbero risalire al XVII o XVIII secolo. Questa struttura non è solo funzionale: il legno, lavorato con cura e pazienza, aggiunge un tocco di calore e accoglienza al maestoso ingresso.
Le colonne in granito: testimoni silenziose del passato
Ai lati del portone si ergono due colonne in granito, un materiale pregiato scelto per la sua bellezza e resistenza. Il granito, utilizzato fin dall’epoca romana, rappresentava solidità e longevità, qualità ideali per costruzioni destinate a durare nel tempo. Queste colonne, sobrie e prive di decorazioni, potrebbero risalire al I-II secolo d.C. e provenire da un edificio di epoca romana o medievale. Durante il Medioevo, il loro riutilizzo nel contesto cristiano simboleggiava un ponte tra il mondo terreno e quello spirituale, conferendo all’edificio un’aura di sacralità e continuità storica.
Ai lati del portone si ergono due colonne in granito, un materiale pregiato scelto per la sua bellezza e resistenza. Il granito, utilizzato fin dall’epoca romana, rappresentava solidità e longevità, qualità ideali per costruzioni destinate a durare nel tempo. Queste colonne, sobrie e prive di decorazioni, potrebbero risalire al I-II secolo d.C. e provenire da un edificio di epoca romana o medievale. Durante il Medioevo, il loro riutilizzo nel contesto cristiano simboleggiava un ponte tra il mondo terreno e quello spirituale, conferendo all’edificio un’aura di sacralità e continuità storica.
Il timpano: simbolo di fede e memoria

Sopra il portale si staglia un elemento curvilineo che potrebbe essere interpretato come un timpano semicircolare. Al suo interno, una decorazione tridimensionale raffigura un teschio con ossa incrociate, realizzata in pietra e probabilmente databile tra il XVII e il XVIII secolo.
Questo simbolo, conosciuto come memento mori, richiama la fugacità della vita e l’importanza di prepararsi alla vita ultraterrena. Il significato del "timpano" si intreccia profondamente con le catacombe sotterranee della chiesa, dove sono custoditi teschi e ossa di defunti. Questi resti, appartenenti alla comunità locale o a figure di rilievo, trasformano la chiesa in un luogo non solo di culto, ma anche di memoria e raccoglimento spirituale.
Questo simbolo, conosciuto come memento mori, richiama la fugacità della vita e l’importanza di prepararsi alla vita ultraterrena. Il significato del "timpano" si intreccia profondamente con le catacombe sotterranee della chiesa, dove sono custoditi teschi e ossa di defunti. Questi resti, appartenenti alla comunità locale o a figure di rilievo, trasformano la chiesa in un luogo non solo di culto, ma anche di memoria e raccoglimento spirituale.
Un portale che racconta una storia millenaria
L’ingresso della Chiesa Madonna in Basilica non è solo un semplice portale, ma una vera e propria porta verso il passato. Ogni dettaglio, dal portone in legno alle colonne in granito, fino al "timpano" scolpito, invita a riflettere sulla vita, sulla morte e sull’intreccio profondo tra storia, fede e tradizione.
L’ingresso della Chiesa Madonna in Basilica non è solo un semplice portale, ma una vera e propria porta verso il passato. Ogni dettaglio, dal portone in legno alle colonne in granito, fino al "timpano" scolpito, invita a riflettere sulla vita, sulla morte e sull’intreccio profondo tra storia, fede e tradizione.
Cara Tiziana, nemmeno oggi sono riuscito a far volare il drone per catturare con maggior dettaglio l’ingresso e le sue meravigliose caratteristiche architettoniche. La tristezza mi invade, e mi trovo in difficoltà a concentrarmi sul lavoro, come se l'anima non fosse più pienamente connessa a ciò che mi circonda. Questa sensazione mi ricorda Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, dove l'autore esplora il peso della vita e il legame con le cose più profonde, quelle che ci sfuggono e che, in fondo, ci parlano di solitudine e memoria. Speriamo che al nostro prossimo incontro riusciremo finalmente a scrivere e documentare l'unico affresco che decora la chiesa, raccontando la sua bellezza senza tempo.
Tiziana e Mauro
La colonna votiva che si trova nel piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica.

Spesso io e Tiziana ci siamo chiesti della colonna votiva che si trova nel piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica. Di che materiale sarà fatta? Quanti anni avrà? E quella croce in ferro battuto, com'è stata realizzata? E soprattutto, perché è lì?
Scoprire la risposta è un viaggio affascinante che ci porta a capire che quella colonna non è solo un elemento architettonico, ma un simbolo di fede e tradizione che racconta la nostra storia.
La colonna, ubicata a circa 100 metri dalla chiesa, è realizzata in pietra arenaria. La sua datazione risale al XVIII secolo, quando venivano erette colonne votive per celebrare la fede e segnare luoghi di preghiera. La pietra, consumata dal tempo, conferisce alla colonna un aspetto antico che racconta secoli di devozione.
Il capitello modanato, che sormonta la colonna, presenta delle linee sobrie e semplici, caratteristiche di uno stile neoclassico, che emerge nella seconda metà del XVIII secolo. Il design equilibrato e funzionale riflette un ritorno alla purezza delle forme classiche, ispirandosi all'antica Grecia e Roma. Il capitello, pur nella sua essenzialità, si distingue per un'eleganza discreta, senza ornamentazioni eccessive, ma con una raffinata cura per le proporzioni. La pietra arenaria, levigata dal tempo, esprime una grande solidità e resistenza, simbolo della forza della fede che si tramanda nei secoli.
La croce in ferro battuto, fissata saldamente sul capitello, è un autentico capolavoro artigianale che risale probabilmente al XVIII o XIX secolo. Realizzata da artigiani locali, la croce è espressione dello stile barocco, che si caratterizza per la sua esuberanza decorativa e il contrasto tra forza e grazia. Le estremità arcuate della croce, con dettagli sinuosi e riccioli alla base, esprimono una dinamicità che si fonde con l'eleganza. Le linee curve e fluide sono tipiche del periodo barocco, che voleva suscitare un senso di movimento e trascendenza. Ogni dettaglio, dalla finitura lucida del ferro battuto agli ornamenti, richiama la ricchezza emotiva e spirituale tipica dell'epoca, mentre il ferro battuto stesso, con la sua robustezza, simboleggia la forza della fede.
Ma la colonna ha anche un'importanza profonda per la nostra comunità: ogni anno, durante la processione del 10 agosto, i fedeli portano in processione la statua della Madonna intorno alla colonna, compiono un giro simbolico per poi rientrare nella chiesa. Questo rito, che affonda le radici nel passato, è un momento di rinnovata spiritualità e di forte connessione con le tradizioni religiose locali.
Quella colonna e quella croce sono simboli vivi, testimoni di una tradizione che continua a legarci al passato.
Tiziana e Mauro
Un dettaglio affascinante della Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria (CH)

La nostra curiosità e il nostro amore per l’arte ci hanno sempre spinti a cercare significati nascosti e dettagli preziosi in ogni opera, che fosse in pittura, scultura o fotografia. I dettagli nell'arte hanno sempre avuto per noi un valore speciale, aprendo le porte a un universo in cui forme, colori e simboli diventano narratori di storie senza tempo.
Vogliamo condividere con voi un altro elemento di grande bellezza che si trova nella Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria: il rosone e il dipinto vetrato al suo interno.
Cosa rappresenta?
All'interno del rosone, il vetro istoriato raffigura simboli profondamente cristiani: una croce, un cesto di pani e dei pesci, richiamando il miracolo della moltiplicazione. Questi elementi non solo ricordano un evento biblico di grande significato, ma si fanno portatori di valori universali come la generosità, la fiducia e la condivisione.
All'interno del rosone, il vetro istoriato raffigura simboli profondamente cristiani: una croce, un cesto di pani e dei pesci, richiamando il miracolo della moltiplicazione. Questi elementi non solo ricordano un evento biblico di grande significato, ma si fanno portatori di valori universali come la generosità, la fiducia e la condivisione.
La tecnica del vetro istoriato
Il vetro istoriato, o vetrata artistica, è una tecnica secolare che unisce arte e artigianato. Ogni sezione del vetro è realizzata a mano, colorata con ossidi metallici durante il processo di fusione e poi tagliata con precisione. Le diverse parti vengono assemblate con listelli di piombo, creando un puzzle luminoso che racconta una storia. Nel caso di questo rosone, le tonalità vivaci e la nitidezza delle linee suggeriscono un lavoro accurato e moderno, probabilmente eseguito nel XX secolo, ma con uno sguardo rispettoso alla tradizione.
Il vetro istoriato, o vetrata artistica, è una tecnica secolare che unisce arte e artigianato. Ogni sezione del vetro è realizzata a mano, colorata con ossidi metallici durante il processo di fusione e poi tagliata con precisione. Le diverse parti vengono assemblate con listelli di piombo, creando un puzzle luminoso che racconta una storia. Nel caso di questo rosone, le tonalità vivaci e la nitidezza delle linee suggeriscono un lavoro accurato e moderno, probabilmente eseguito nel XX secolo, ma con uno sguardo rispettoso alla tradizione.
La particolarità di questa tecnica è la sua capacità di interagire con la luce naturale: i colori brillano e prendono vita a seconda dell’intensità e dell’angolazione dei raggi solari. Questo rende ogni momento della giornata un’esperienza unica per chi ammira la vetrata dall’interno della chiesa.
Il rosone: un dialogo tra architettura e arte
La struttura esterna del rosone è un capolavoro di semplicità e artigianato, con la sua cornice in mattoni a vista che si integra armoniosamente nella facciata in pietra della chiesa. Questo elemento, tipico dello stile ottocentesco locale, parla di una tradizione che valorizza i materiali naturali e la maestria degli artigiani del passato.
La struttura esterna del rosone è un capolavoro di semplicità e artigianato, con la sua cornice in mattoni a vista che si integra armoniosamente nella facciata in pietra della chiesa. Questo elemento, tipico dello stile ottocentesco locale, parla di una tradizione che valorizza i materiali naturali e la maestria degli artigiani del passato.

Un simbolo di fede e luce
Dal punto di vista simbolico, il rosone rappresenta molto più di un elemento architettonico. È una finestra verso il cielo, un punto di contatto tra la dimensione terrena e quella divina. La luce che filtra attraverso il vetro istoriato non solo illumina l'interno della chiesa, ma diventa essa stessa un linguaggio spirituale, capace di trasmettere messaggi di speranza e fede.
Dal punto di vista simbolico, il rosone rappresenta molto più di un elemento architettonico. È una finestra verso il cielo, un punto di contatto tra la dimensione terrena e quella divina. La luce che filtra attraverso il vetro istoriato non solo illumina l'interno della chiesa, ma diventa essa stessa un linguaggio spirituale, capace di trasmettere messaggi di speranza e fede.
Visita la Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria e lasciati incantare dalla sua storia, dalla sua arte e dalla sua spiritualità. Un’esperienza che toccherà il cuore e l’anima.
Tiziana e Mauro
Un viaggio nella storia della Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria

Ci appassionò questo luogo, spingendoci a osservare con curiosità e passione i dettagli architettonici di Villa Santa Maria. La voglia di immortalare questa bellezza ci portò davanti al campanile della Chiesa Madonna in Basilica, un monumento che sembra custodire secoli di storia e devozione popolare.
Una lapide ricca di significato
Sulla facciata del campanile, abbiamo notato una lapide in marmo, la cui iscrizione ci ha incuriositi e spinto a saperne di più. L’incisione e non bassorilievo, recita:
Sulla facciata del campanile, abbiamo notato una lapide in marmo, la cui iscrizione ci ha incuriositi e spinto a saperne di più. L’incisione e non bassorilievo, recita:
POPULI DEVOTIONE
RESTAURATIO
FUNDITUS INCEPTA
FUIT
A.D. MDCCCXLV
CYRIACO DI FRANCO ARCHIPRES.
La traduzione ci svela il passato:
"Per devozione del popolo, la ricostruzione fu intrapresa dalle fondamenta nell'anno del Signore 1845, sotto la guida dell'arciprete Ciriaco Di Franco."
"Per devozione del popolo, la ricostruzione fu intrapresa dalle fondamenta nell'anno del Signore 1845, sotto la guida dell'arciprete Ciriaco Di Franco."
Questa iscrizione ci racconta che la ricostruzione del campanile non fu un intervento ordinario, ma un’opera intrapresa grazie al forte senso di comunità e alla fede profonda della popolazione locale. Le parole "funditus incepta" sottolineano che i lavori iniziarono dalle fondamenta, il che suggerisce che una struttura precedente fosse ormai in rovina o non più adeguata. Forse il tempo e le intemperie avevano reso necessaria questa opera di riedificazione.
L’arciprete Ciriaco Di Franco, un figlio di Villa Santa Maria
Un dettaglio che impreziosisce questa scoperta è il legame dell’arciprete Ciriaco Di Franco con Villa Santa Maria, suo luogo di origine. Questo dato rafforza l’idea di un pastore profondamente radicato nella sua comunità, che non solo guidava spiritualmente i fedeli, ma si impegnava anche a lasciare un’eredità tangibile per le generazioni future.
Un dettaglio che impreziosisce questa scoperta è il legame dell’arciprete Ciriaco Di Franco con Villa Santa Maria, suo luogo di origine. Questo dato rafforza l’idea di un pastore profondamente radicato nella sua comunità, che non solo guidava spiritualmente i fedeli, ma si impegnava anche a lasciare un’eredità tangibile per le generazioni future.

Due epoche, un unico campanile
Osservando attentamente la struttura, ci siamo accorti che il campanile sembra appartenere a due periodi distinti:
Osservando attentamente la struttura, ci siamo accorti che il campanile sembra appartenere a due periodi distinti:
- La parte inferiore, dove si trova la lapide, è costruita con pietre grandi e irregolari, probabilmente risalenti a un’epoca più antica, forse medievale o rinascimentale.
- La parte superiore, con archi in mattoni e una struttura più elegante, appare più recente, probabilmente aggiunta o modificata durante i lavori del 1845.
Un simbolo di fede e identità
Questo campanile, con la sua lapide, ci ricorda quanto fosse forte il legame tra la popolazione e la loro chiesa. È una testimonianza di come fede, comunità e architettura si intreccino per dare vita a opere che superano il tempo.
Questo campanile, con la sua lapide, ci ricorda quanto fosse forte il legame tra la popolazione e la loro chiesa. È una testimonianza di come fede, comunità e architettura si intreccino per dare vita a opere che superano il tempo.
Condividiamo questa bellezza!
Oggi mi trovo e ritrovo in questo luogo, che custodisce non solo la storia incisa nella pietra, ma anche i ricordi più preziosi legati a Tiziana. Sento la sua presenza in ogni dettaglio, in ogni ombra e raggio di sole che accarezza queste mura. Questo luogo, così carico di significato, è diventato un ponte tra il passato e il presente, un rifugio di memoria e amore eterno.
Oggi mi trovo e ritrovo in questo luogo, che custodisce non solo la storia incisa nella pietra, ma anche i ricordi più preziosi legati a Tiziana. Sento la sua presenza in ogni dettaglio, in ogni ombra e raggio di sole che accarezza queste mura. Questo luogo, così carico di significato, è diventato un ponte tra il passato e il presente, un rifugio di memoria e amore eterno.
Perdonami, Tiziana, se oggi non ho usato il drone a cui tu tenevi tanto; sono certo che le tre foto sarebbero, prospettivamente parlando, migliori.
Mauro e Tiziana
L’antica vasca in pietra nel piazzale della Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria

Continuiamo a raccontare tutto ciò che avvolge un pomeriggio di raggi di sole, mentre lacrime scivolano su un viso stanco, carico di ricordi.
Se vi trovate a visitare la Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria, non potrete fare a meno di notare un manufatto intrigante che si trova nel suo piazzale. Si tratta di una grande vasca in pietra, scolpita a mano, che sembra raccontare una storia antica.
Descrizione del manufatto
La vasca ha una forma ovale allungata, con bordi irregolari e segni evidenti dell’usura del tempo. La superficie interna è liscia, mentre quella esterna presenta una texture grezza, punteggiata da macchie bianche che testimoniano la sua esposizione agli agenti atmosferici. È realizzata in pietra calcarea, un materiale tipico della zona, noto per la sua resistenza e la facilità di lavorazione.
La vasca ha una forma ovale allungata, con bordi irregolari e segni evidenti dell’usura del tempo. La superficie interna è liscia, mentre quella esterna presenta una texture grezza, punteggiata da macchie bianche che testimoniano la sua esposizione agli agenti atmosferici. È realizzata in pietra calcarea, un materiale tipico della zona, noto per la sua resistenza e la facilità di lavorazione.
Età e funzione
Gli esperti stimano che il manufatto risalga a diverse centinaia di anni fa, probabilmente al XV o XVI secolo. Sebbene la sua origine esatta non sia chiara, manufatti simili venivano spesso utilizzati per scopi pratici, come mangiatoie per il bestiame, vasche per il lavaggio o abbeveratoi. Tuttavia, non si può escludere l'ipotesi che possa essere un antico sarcofago romano o medievale, successivamente riutilizzato nel contesto rurale. La sua collocazione in un luogo sacro potrebbe anche suggerire un legame con rituali o usanze religiose.
Gli esperti stimano che il manufatto risalga a diverse centinaia di anni fa, probabilmente al XV o XVI secolo. Sebbene la sua origine esatta non sia chiara, manufatti simili venivano spesso utilizzati per scopi pratici, come mangiatoie per il bestiame, vasche per il lavaggio o abbeveratoi. Tuttavia, non si può escludere l'ipotesi che possa essere un antico sarcofago romano o medievale, successivamente riutilizzato nel contesto rurale. La sua collocazione in un luogo sacro potrebbe anche suggerire un legame con rituali o usanze religiose.
Un simbolo di tradizione
Questo manufatto non è solo un oggetto storico, ma rappresenta un frammento della memoria collettiva di Villa Santa Maria. Esso racconta l’importanza del riutilizzo e della funzionalità nel corso dei secoli, un tratto distintivo della cultura locale.
Questo manufatto non è solo un oggetto storico, ma rappresenta un frammento della memoria collettiva di Villa Santa Maria. Esso racconta l’importanza del riutilizzo e della funzionalità nel corso dei secoli, un tratto distintivo della cultura locale.
Un invito alla riflessione
Ogni dettaglio di questa vasca in pietra è un invito a riflettere sulla storia e sulla tradizione di Villa Santa Maria. Vi invitiamo a visitare la Chiesa Madonna in Basilica per ammirare non solo la sua bellezza architettonica, ma anche i suoi dettagli nascosti, come questo affascinante manufatto di pietra.
Ogni dettaglio di questa vasca in pietra è un invito a riflettere sulla storia e sulla tradizione di Villa Santa Maria. Vi invitiamo a visitare la Chiesa Madonna in Basilica per ammirare non solo la sua bellezza architettonica, ma anche i suoi dettagli nascosti, come questo affascinante manufatto di pietra.
Tiziana e Mauro
Il Pulvino della Chiesa della Madonna in Basilica a Villa Santa Maria

"Ne discutevo spesso con Tiziana"
Sul fianco destro, lato sud, dell’ingresso principale della Chiesa della Madonna in Basilica a Villa Santa Maria si trova un pulvino in pietra di notevole interesse storico e artistico. La chiesa, oltre all’ingresso principale, dispone di una seconda entrata laterale, che consente un accesso alternativo e rende visibile questo elemento architettonico unico.
Ne discutevo spesso con Tiziana, e ora, trovandomi qui a ricordarla, mi tornano alla mente le nostre conversazioni su questo straordinario frammento di storia, che era per noi una piccola finestra su un passato ricco di significato.
Descrizione del Pulvino
Il pulvino è un elemento quadrangolare scolpito, caratterizzato da una raffinata decorazione a reticolo intrecciato. I motivi geometrici che si intersecano creano una trama intricata e regolare, un esempio di alto livello di maestria artigianale. Questa decorazione, tipica dello stile romanico, potrebbe avere un significato simbolico, rappresentando l'armonia e l'ordine cosmico secondo la tradizione cristiana medievale.
Nonostante l’aspetto del manufatto suggerisca che sia stato scolpito in pietra, non è possibile stabilirlo con certezza. Potrebbe trattarsi di calcare, marmo o un materiale composito, forse aggiunto durante un restauro o un riutilizzo in epoche successive. Questa ambiguità rende il manufatto ancora più interessante e meritevole di ulteriori studi.
L’elemento poggia su una colonna cilindrica in pietra calcarea grezza, priva di ornamenti, la cui semplicità contrasta fortemente con la ricchezza decorativa del pulvino. Questo accostamento suggerisce che i due manufatti abbiano origini diverse: il pulvino, probabilmente parte di una struttura monumentale più antica, potrebbe essere stato riutilizzato durante i lavori di restauro o modifica della chiesa.
Significato
Il pulvino rappresenta un importante esempio dell’evoluzione dello stile romanico locale, con influenze che potrebbero derivare sia dalla tradizione classica sia dall’architettura sacra medievale. L’uso di motivi geometrici complessi sottolinea un’attenzione all’estetica e al significato spirituale, che si combinano per creare un’opera al tempo stesso funzionale e artistica.
Conclusioni
Il pulvino della Chiesa della Madonna in Basilica è un elemento che racchiude storia, arte e tradizione. Continuare a valorizzare e studiare manufatti come questo consente di arricchire la comprensione del patrimonio culturale locale e di preservarlo per le generazioni future.
Mauro e Tiziana
Passeggiando e sostando presso la Chiesa della Madonna in Basilica (Villa Santa Maria, (CH)

A Dio Ottimo Massimo
Il muro, che un tempo sosteneva l'accesso alla Chiesa di Santa Maria Basilica e alla via della Basilica e della Campagna,
rovinato dalle acque impetuose del torrente del fiume Sangro,
il nobilissimo Decio Caracciolo, arcivescovo di Bari, affinché fosse di pubblica utilità e comodità,
lo fece ricostruire a proprie spese, con solide pietre squadrate, una volta e di nuovo.
Anno del Signore 1606
Lo stemma sopra l'iscrizione appartiene alla famiglia Caracciolo, una delle più nobili del Regno di Napoli.
Scudo con bande oblique: Lo scudo è decorato con tre bande oblique (in araldica dette "bandate"), che sono un elemento distintivo degli stemmi della famiglia Caracciolo.
Cappello prelatizio: Lo stemma è sormontato da un cappello con cordoni e 10 nappe per lato, disposte in quattro file, simbolo del rango di arcivescovo. Questo dettaglio identifica la connessione dello stemma con un membro della famiglia Caracciolo che ha ricoperto un alto ruolo ecclesiastico.
Contesto storico: L'iscrizione fa riferimento a Decio Caracciolo Rosso, arcivescovo di Bari e Canosa, e la famiglia Caracciolo era notoriamente una delle più potenti e prestigiose del Regno di Napoli, con diversi membri che hanno ricoperto ruoli sia nobiliari che ecclesiastici.